Viaggio nel mondo di Tony Wolf

Esiste un mondo magico, popolato di moltissimi teneri personaggi che danno vita a infinite storie e incantano, da decenni, i bambini in ogni angolo del mondo. È il mondo fantastico nato dalla matita di un grandissimo illustratore italiano, Antonio Lupatelli, che i piccoli lettori conoscono bene con il nome d’arte di Tony Wolf.

Lupatelli, venuto a mancare nel maggio del 2018, era un disegnatore instancabile e ha prodotto un incredibile numero di tavole per illustrare centinaia di libri amati tanto dai bambini quanto dai loro genitori.

Ora, dai suoi archivi, abbiamo recuperato 100 grandi illustrazioni, dettagliatissime come sempre, che l’artista ha realizzato negli ultimi 5 anni della sua vita e che finora non erano mai state pubblicate. Le cominciamo a pubblicare da quest’anno con In giro per l’Europa con Tony Wolf, un viaggio con la fantasia nei i luoghi più iconici del Vecchio Continente.

In occasione dell’uscita di questo libro - e per sentire meno la mancanza di Tony Wolf - abbiamo chiesto a suo figlio Matteo, altro bravissimo illustratore per ragazzi che tutti conosciamo con il nome d’arte Matt Wolf, di raccontarci com’era suo padre. Lui lo ha fatto con grande generosità, regalandocene un ritratto intimo e emozionante.

Mio Padre parlava poco.
Da giovane non comprendevo il valore del suo lavoro.

Una volta cresciuto e intrapreso il suo mestiere avrei voluto sapere qualcosa di più ma ogni colloquio si trasformava in una specie di interrogatorio e lasciavo perdere.
Aveva delle passioni che mi ha trasmesso - il modellismo, la montagna, il lavoro manuale - ma la maggior parte del tempo la trascorreva nel suo studio.
Poteva permetterselo perché a tutto il resto provvedeva la mamma che lo aiutava anche nella ideazione dei personaggi e delle gag.
Lui diceva che il mestiere di illustratore prende molto tempo, non ci si può dedicare ad altro.

Alla domenica usciva dallo studio, dava un’occhiata alla casa e si arrabbiava per il nostro disordine ma è sempre stato presente se ce n’era il bisogno.
D’estate, finita la scuola ci caricava in auto e partivamo per la montagna.
Ci fu una improbabile Dauphine, sempre stipata fino all’inverosimile, poi una Ami 8 che si rifiutava di fare le salite di Campiglio, fino alla splendida “Vecchia Signora”, una DS21 su cui ho imparato a guidare.
Tutto il tempo delle nostre vacanze lo trascorrevamo là.

Mia madre, noi tre fratelli e lui al tavolo da lavoro. Ogni tanto prendeva e andava sui sentieri del Brenta e qualche volta anche noi.
Per anni l’ho visto affacciarsi alla finestra sentendo il rumore delle auto sul vialetto di accesso, prima per accogliere gli amici in visita e poi noi figli cresciuti.
Se penso alla montagna, lo vedo affacciarsi sorridente a quella finestra, con i boschi alle spalle.
Ora che non si affaccia più ci vado malvolentieri.

Non ha viaggiato molto mio padre.
Fisicamente dico.
Hanno abitato, lui e la mamma, a Londra per un anno - ed è il posto più lontano in cui sono stati - ma non mi pare azzardato un suo libro sulle città di Europa che non ha mai visto.
C’è andato di sicuro con qualche suo personaggio: Moony from the moon, Ciccio Spray o Long John Silver o magari un coniglio scappato dalla valle delle carote.
Niente di più facile.