Tre cene, la Pàvana social club del nuovo libro di Francesco Guccini

Francesco Guccini torna in libreria con Tre cene, un libro inaspettato, una raccolta di tre racconti che attraversano il Novecento in tre momenti esemplari: una cena degli anni Trenta, una negli anni Settanta del secolo appena passato e una ambientata ai giorni nostri, che in realtà è un pranzo ma che alla prima si richiama nel finale, dando al libro una circolarità perfetta che lo rende unico.

La cena mette in scena la povertà degli anni d’anteguerra, Il ritorno è animato dalle speranze dopo il Sessantotto e L’eclissi parla delle disillusioni dei nostri anni: cambiano i valori e i punti di vista, gli stili di vita e le abitudini ma non il desiderio e la celebrazione della festa.

Tre compagnie di amici si avvicendano, nei luoghi dell'Appennino intorno a Pàvana, con le loro aspirazioni, i loro scherzi, le loro perfidie, le loro sbronze ma rimane unica la "Pàvana Social Club", dove il vino anziché il rum, con la sua irrisoria e consolatoria allegria, diventa il motore narrativo. E bagna quei mitici piatti della tradizione che ancora oggi sono i protagonisti di quelle feste dell’Appennino: fra tutti, la porchetta, i maccheroni sul Papero e i crostini con i fegatini di pollo. 

Ancora una volta Guccini ci racconta con ironia com'è cambiata l'Italia, dove le differenze sociali via via si riducono e le donne diventano più protagoniste, ma sempre mettendo in risalto quei bizzarri eroi della sua epica del disincanto.

Guccini racconta tre storie ma è come se raccontasse tre favole, dove però la morale alla fine di ciascuno è sospesa. Quello che più conta sono i personaggi che via via Guccini presenta, dedicando a ciascuno un ritratto ironico, a tratti crudele ma mai impietoso. Sono alla fine dei personaggi indimenticabili, così come lo erano quelli delle sue canzoni: lo scrittore è capace di creare con pochi tratti di penna identità, situazioni e atmosfere profondamente reali, in cui perdersi o ritrovarsi.

Siamo così trasportati nel mondo in cui Francesco si trova più a suo agio, quello di una sua famosa canzone, Farewell: “Tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino”. Non sono racconti autobiografici, ma luoghi e personaggi ricordano situazioni realmente accadute, rielaborate poi dalla sua fervida fantasia: personaggi messi in scena come sul proscenio di un teatro, illuminati da fascio potente di luce, con dialoghi molto espressivi e battute salaci che a volte sono veri e propri colpi di frusta, altre lasciano intendere piccanti sottintesi. 

Con il suo libro d’esordio narrativo degli anni Ottanta (Croniche epafaniche) e col suo ultimo (Tralummescuro) edito da Giunti, Tre cene disegna una sorta di trilogia di Pàvana, il paese dell’Appennino fra Toscana ed Emilia che Guccini al pari di altri grandi esempi letterari (dalla “Macondo” di Garcia Marquez alla “Malo” di Meneghello) ha reso un immortale specchio del cambiamento esistenziale.

Tuttavia in  Tre cene Guccini ha scelto di usare un italiano colorato solo a tratti da qualche inflessione dialettale: non ritroviamo perciò le espressioni in pavanese degli altri due, né quel velo di tristezza per un mondo che si è perso per sempre che anima quei due libri. In questi tre racconti quel mondo che non c’è più si popola invece di personaggi bizzarri e divertenti, in una sorta di commedia umana che non cessa di divertirci ma anche di farci riflettere, specie nei tre finali dei racconti nei quali una sospensione quasi metafisica dà l’impressione al lettore che tutto quanto è stato narrato lo riguardi da vicino e lo riguarderà per sempre, al di là di ogni epoca e situazione contingente. 
 

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