Salvarsi con il verde non è un’utopia

C’è Pablo, che soffre di un disturbo dello spettro autistico e che si sente protetto dal carpino piramidale; c’è Alice, che soffre di anoressia e che comincia a guarire quando si dedica a una pianta di ciclamino; c’è Eugenio, salvato dalla tossicodipedenza anche grazie a un albero di mimosa; o Gilda che è stata abusata e che ha lenito il suo dolore con l’aloe; e poi ancora Alfio, Mara, Milvia, Ada… Sono i protagonisti di Salvarsi con il verde, scritto da Andrea Mati. Lui lo definisce un romanzo vegetale, e in effetti, proprio come un romanzo, quello che Mati racconta avvince il lettore e lo tiene incollato a ogni pagina. 

Il titolo del suo libro dice tutto sul suo rapporto con la natura. Ce ne vuole parlare?
Sono un grande appassionato di giardini, di piante, di alberi, di fiori. Da bambino, nel vivaio di famiglia ho avuto una vita quasi selvatica. Ero sempre nel verde e mangiavo tutti i frutti che trovavo nei campi. Crescendo ho studiato architettura con il sogno un po’ utopistico di costruire viali di case in mezzo a boschi o foreste, piuttosto che piantare alberi fra gli edifici. Ma, sin da giovanissimo, grazie soprattutto all’aver lavorato per curare il verde di San Patrignano, ho affiancato al mio amore per la natura l’interesse verso gli altri, verso i più deboli, le persone fragili. Sono convinto che la natura sia indivisibile dagli esseri umani e che sia proprio la natura a curarci, a salvarci e a consentirci di vivere. Dobbiamo avere un rapporto non straordinario con il verde, ma quotidiano

Il suo sogno di aiutare gli altri con il verde è diventato realtà. Come ci è riuscito?
Anche io ho avuto momenti difficili e periodi di fragilità, ed è per questo che sento un’immediata empatia con chi soffre. Visto che ho avuto la fortuna di avere i mezzi e le forze per aiutare chi è in difficoltà, mi è sempre sembrato doveroso farlo. Grazie alla mia storia famigliare, ai miei studi e alla mia passione, conosco bene il mondo vegetale e di mestiere progetto giardini. Negli anni ho capito che c’è una profonda connessione e molte similitudini tra le piante e le persone.  Ho lavorato molto per individuare una serie di specie vegetali che abbiano potere salvifico su determinate patologie e per far questo, sia chiaro, mi sono confrontato sempre con medici e psichiatri.
Nel libro, oltre alle storie - tutte vere - che ho raccolto, racconto dei
giardini che abbiamo creato, ciascuno con una sua funzione specifica. C’è quello per i non vedenti, per le persone con la malattia di Alzheimer, quello per chi soffre di ansia o depressione. Ne ho progettato anche uno specifico per i disturbi dell’attenzione e l’iperattività. Il potere salvifico del verde funziona anche a livello preventivo e per questo ho creato giardini particolari, spazi verdi per rieducare al rapporto con la natura nei quali ho inserito piante specifiche che possono favorire questa riconnessione.

Lei parla anche di “rivoluzione del metroquadro verde”...
Nel mondo la vera rivoluzione può e deve avvenire a partire da ogni singola persona che prende coscienza dell’importanza della vita del nostro pianeta. È un tema fondamentale e riguarda tutti: non c’entra con la politica o con la religione e coinvolge ogni essere umano a qualunque latitudine. Ognuno di noi ha un metroquadro che quando cammina si porta dietro. Ed è proprio all’interno del nostro metroquadro che possiamo fare la differenza, limitando l’uso della plastica, dei carburanti, riducendo gli sprechi e i rifiuti. E tendendo una mano al prossimo. 
E poi, se ci pensa, ognuno di noi può avere una pianta da far crescere, in casa, sul balcone, nel proprio giardino. Il nostro pianeta è in una situazione gravissima:
non facciamo grandi progetti, ma prendiamo coscienza che il verde è la nostra salvezza ed agiamo di conseguenza nel nostro metroquadro

Un’ultima domanda: ma se ognuno di noi ha una pianta o un fiore che lo rappresenta e lo cura, Andrea Mati che pianta è?
Non ho dubbi: io sono un cipresso. All’apparenza un po’ cupo e scuro, al suo interno c’è tanta vita: uccelli che vi nidificano, insetti e piccoli animali che lo abitano. E poi è da sempre considerato un albero che mette in collegamento la terra con il cielo, la spiritualità con il radicamento nel terreno. Sì, mi sento proprio un cipresso.